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Quali diritti sono riconosciuti allo straniero che giunge in Italia

Protezione diplomatica nelle forme regolate dal diritto internazionale. Ogni straniero presente in Italia ha diritto di prendere contatto con le autorità del Paese di cui è cittadino e di essere in ciò agevolato da ogni pubblico ufficiale interessato al procedimento.

“Allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti.” [dlgs 286, art. 2, c. 1]. I diritti fondamentali della persona umana sono dunque riconosciuti allo straniero che abbia o non abbia un permesso di soggiorno, che sia in regola o no. Di quali diritti si tratta?

Si tratta del diritto alla vita e alla salute, del diritto di asilo, del diritto alla libertà di manifestazione del pensiero, alla protezione della maternità, della famiglia e dell’infanzia: quei diritti universali per cui si può dire che tutti gli uomini sono uguali – godono di una “uguaglianza formale”, come dicono i giuristi. Ma ci sono altri diritti che discendono dai cosiddetti “principi costituzionali”, come la libertà di circolazione, il diritto al lavoro e alla casa, il diritto di voto, il diritto di accesso agli uffici pubblici; diritti che non appartengono a tutti gli uomini ma variano da paese a paese, dipendono dall’azione dei governi dei singoli paesi, e fanno differenza fra italiani e stranieri e fra i diversi modi dell’essere stranieri.

Agli stranieri, comunque, viene sempre riconosciuta la cosiddetta “tutela giurisdizionale”, cioè la corretta applicazione delle norme giuridiche vigenti. A cominciare [art. 2, c. 6] da una radicale misura di rispetto: “Ai fini della comunicazione allo straniero dei provvedimenti concernenti l’ingresso, il soggiorno e l’espulsione, gli atti sono tradotti, anche sinteticamente, in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero, quando ciò non sia possibile, nelle lingue francese, inglese o spagnola, con preferenza per quella indicata dall’interessato.” Devono essere tradotti almeno sommariamente, a beneficio dello straniero, i contenuti dei provvedimenti, il termine di tempo entro cui si può fare opposizione, l’autorità avanti alla quale l’atto può essere impugnato – insomma, il minimo necessario perché l’atto giuridico non si risolva, per chi non conosce la lingua del paese, in una sequenza di fatti incomprensibili.

Altrettanto importante è il richiamo della legge alla Organizzazione internazionale del lavoro, OIL, la cui Convenzione è stata ratificata (cioè fatta propria) dall’Italia, che [art. 2, c. 3] “garantisce a tutti i lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio e alle loro famiglie parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani”. Ma, appunto: la parità di trattamento riguarda in questo caso i lavoratori stranieri “regolarmente soggiornanti” nel nostro paese e le loro famiglie, mentre ne restano esclusi quelli che sono per qualsiasi motivo irregolari o clandestini e quelli a cui sia scaduto il permesso di soggiorno.

È ovviamente prevista a favore dello straniero [c. 7 dell’art.2] la protezione diplomatica nelle forme regolate dal diritto internazionale: “ogni straniero presente in Italia ha diritto di prendere contatto con le autorità del Paese di cui è cittadino e di essere in ciò agevolato da ogni pubblico ufficiale interessato al procedimento”; e ogni pubblico ufficiale ha l’obbligo di informare la rappresentanza diplomatica o consolare del Paese a cui lo straniero appartiene nel caso in cui siano stati adottati nei suoi confronti “provvedimenti in materia di libertà personale, di allontanamento dal territorio dello Stato, di tutela dei minori, di status personale, ovvero in caso di decesso dello straniero o di ricovero ospedaliero urgente, e hanno altresì l’obbligo di far pervenire a tale rappresentanza documenti e oggetti appartenenti allo straniero che non debbano essere trattenuti per motivi previsti dalla legge”. Tale obbligo viene meno – nel rispetto della posizione personale dello straniero – se questi ha presentato domanda di asilo, o gli è stato riconosciuto lo status di rifugiato, o è stato oggetto in Italia di misure di protezione temporanea per motivi umanitari.


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